PSICOLOGO PSICOTERAPEUTA

Dott. Alessandro Federico Amo

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Prima del riconoscimento dell’Anoressia Nervosa come disturbo a sé stante, si possono trovare, nella letteratura medica, alcuni riferimenti a condizioni di volontario dimagrimento e ritenzione alimentari che possono essere definiti come condizioni anoressiche. Partendo dal XIX secolo, possiamo citare Marce (1860) che descrive una forma di ipocondria in cui le pazienti rifiutavano volontariamente di alimentarsi in assenza di patologie gastrointestinali. Marce sottolinea la volontaria resistenza ai trattamenti che, in alcuni casi, avrebbe portato alla morte delle pazienti. Parry-Jones (1985), dal 1812 al 1917, ha trovato l’evidenza di 40 casi di Anoressia Nervosa in 36 mila ricoveri in ospedali. Chipley (1860) descrive casi di grave dimagrimento volontario (“sitomania”) tra la popolazione femminile, e attribuisce la causa ad un desiderio di fama e notorietà. Andando a ritroso nel tempo, Morton (1689), parla di “atrofia nervosa” o “degradazione nervosa”, caratterizzata da una perdita dell’appetito, deperimento, amenorrea, iperattività e indifferenza per la condizione stessa. 

Procedendo indietro nei secoli possiamo notare la presenza di numerose agiografie in cui la costante è il digiuno, ne abbiamo 10 testimonianze dal XII fino al XVIII secolo. Bell (1985) ha analizzato la vita di 261 santi vissuti nella penisola italica, indagando ciò che egli definiva come “anoressia santa”, una condizione di volontaria deprivazione alimentare, associata alla credenza che rifletta un intervento divino. Delle vite dei santi analizzati 170 dimostravano di avere una qualche forma di disturbo alimentare, come quella presentata da Santa Caterina da Siena o da Santa Veronica. Inoltre, la presenza di condizioni di auto-digiuno e deprivazione alimentare sono documentate dal V all’VIII secolo, e venivano attribuite a possessione diabolica e curate attraverso gli esorcismi (Bemporad, 1996). Naturalmente vi sono delle controversie riguardo l’interpretazione di queste storie, e il dibattito maggiore trova spazio nella validità di diagnosi retrospettive, in cui le descrizioni possono essere vaghe e distorte e può non essere chiaro il motivo che sta dietro il rifiuto del cibo (Habermas, 1989). 

Per quanto riguarda la Bulimia Nervosa, Habermas nelle sue reviews (1989, 1991) ne riporta diversi casi nella prima metà del 1900. Rosenvinge e Vandereycken (1994) riportano un caso di “isteria” descritto da Selmer nel 1982, in cui una ragazza di 12 anni pur rifiutandosi di mangiare riusciva a mantenere il suo peso. Il mistero si risolse una notte in cui la madre la vide mangiare “tutto il cibo che fosse possibile trovare in casa”. Robert Whytt (1714-1766) descrive la “fames canina” originariamente presentata da Richard Lower nel XVI secolo (Silverman, 1987), caratterizzata da una fame spropositata dei pazienti con ipocondria e isteria, accompagnati da un senso di nausea e da vomito compulsivo. Dal XII al XVII secolo vi sono descrizioni di pratiche di alimentazione incontrollata e di autoinduzione di vomito (Bell, 1985). Nell’VIII secolo Avicenna mette in guardia dalle pratiche di vomito auto-indotto: “Procurare vomito in maniera eccessiva è dannoso per lo stomaco, per il torace e per i denti, fino a causarne il danneggiamento. L’abitudine di alcune persone che mangiano in eccesso e 11 si procurano il vomito è una di quelle cose che portano ad un disturbo cronico” (Nasser, 1993). Ciò induce a pensare che già la medicina araba di tredici secoli fa fosse a conoscenza di una condizione patologica caratterizzata da alimentazione incontrollata e auto-induzione di vomito, e che per quanto la cultura possa mediare o incidere su un disturbo alimentare, esso sia un prodotto umano che lo accompagna da diverso tempo. 

Questi aspetti sono coerenti con l’attuale pensiero rispetto ai Disturbi dell’Alimentazione e della Nutrizione (DNA), una condizione in cui il sintomo sottende un disagio mentale profondo, in cui si coagulano fattori che predispongono all’esordio della malattia, genetici, biologici, familiari e psicosociali. Una complessità enorme di elementi che, in interazione tra loro, hanno come risultato comune i sintomi del disturbo alimentare. 

Marcé, L. V. (1860). On a form of hypochondriacal delirium occurring consecutive to dyspepsia, and characterized by refusal of food. Journal of Psychological Medicine and Mental Pathology, 13, 264-266.

Parry-Jones, W. L. (1985). Archival exploration of anorexia nervosa. Journal of Psychiatric Research, 19(2), 95-100 

Chipley, W. J. (1860). On sitomania. Journal of Psychological Medicine and Mental Pathology, 13, 266-270.ù 

Morton, R. (1694). Pthisiologia: Or, a treatise of consumptions. London 

Bell, R. M. (2014). Holy anorexia. University of Chicago Press 

Bemporad, J. R. (1996). Self-starvation through the ages: Reflections on the pre-history of anorexia nervosa. International Journal of Eating Disorders, 19(3), 217-237.

Habermas, T. (1989). The psychiatric history of anorexia nervosa and bulimia nervosa: Weight concerns and bulimic symptoms in early case reports. International Journal of Eating Disorders, 8(3), 259-273.

Habermas, T. (1991). The role of psychiatric and medical traditions in the discovery and description of anorexia nervosa in France, Germany, and Italy, 1873-1918. The Journal of nervous and mental disease, 179(6), 360-365.

Rosenvinge, J. H., & Vandereycken, W. (1994). Early descriptions of eating disorders in the Norwegian medical literature. Acta Paedopsychiatrica: International Journal of Child & Adolescent Psychiatry.

Silverman, J. A. (1987). Robert Whytt, 1714-1766, eighteenth century limner of anorexia nervosa and bulimia, an essay. International Journal of Eating Disorders, 6(1), 143-146.